sabato 11 giugno 2016

Il lavoro debilita l'uomo


Il lavoro nobilita o debilita l'uomo? Lo Stato Sociale non ha dubbi, lo debilita, lo aliena, lo priva, lo sfianca e uccide i suoi Cromosomi.

Nella discografia del gruppo bolognese è possibile rintracciare molteplici rimandi ai motivi e alle idee su cui sorse il movimento del '77. Non bisogna scavare più di tanto per intuire che i membri dello Stato Sociale siano stati affascinati dalla più importante radio libera italiana, Radio Alice, nata proprio a Bologna e fondata da "Bifo", Giancarlo Vitali, Valerio Minnella e molti altri. Proprio quest'ultimo è stato recentemente ospitato dai Wu Ming sul loro portale, Giap, per ricostruire la storia di questa Radio e celebrare i quarant'anni della prima trasmissione.


Così come Lo Stato Sociale, anche i Wu Ming si sono formati ideologicamente nell'ambiente controculturale bolognese, con il quale intrattengono tuttora un rapporto stretto e fecondo. A dimostrazione del fatto che questi due collettivi artistici siano molti vicini, si ricordino le diverse collaborazioni e i vari progetti in cui questi gruppi si sono intrecciati.

Gli autori di "Luther Blisset" e "L'armata dei Sonnambuli" hanno collaborato nel 2004 con Guido Ghiesa alla scrittura del film "Lavorare con lentezza", in cui mi è parso di intravedere Alberto, la voce dello Stato Sociale, ma potrei sbagliarmi visto che non risulta essere accreditato tra gli attori del lungometraggio.

"Bifo" in una scena del film
Questo film è un interessante documento audiovisivo su Radio Alice e il movimento del '77, l'anno della premonizione, secondo Franco "Bifo" Berardi. "Nel '77 esiste, in nuce, la consapevolezza di una trasformazione che oggi sommerge la vita, la cultura e le attività nella transizione postindustriale", scriveva nel 1987 "Bifo", il teorico del movimento insurrezionale autonomo e creativo. I giovani che presero parte a quel movimento ebbero una visione, una premonizione appunto: intuirono che il lavoro stava subendo un processo di smaterializzazione, che stava avvenendo un passaggio dal lavoro materiale al lavoro intellettuale e cognitivo. Compresero che lo sviluppo dell'informatica, della robotica e della automazione poteva porre i presupposti per la fine del lavoro salariato, poteva consentire all'uomo di rompere le catene della schiavitù lavorativa.

Questa emancipazione, di fatto, non avvenne per svariate ragioni, tra cui, come fa notare "Bifo" nel saggio "Dell'innocenza", lo scontro con un paradosso. "La scienza e la tecnica sono gli strumenti della liberazione dell'uomo dalla schiavitù del lavoro. Ma in quanto esse portano dentro di sé un paradigma che ne costituisce le condizioni conoscitive e le condizioni di applicazione, finiscono per opporsi al processo che hanno suscitato e reso possibile".

Per alcuni le idee che emersero con il movimento del 1977 potrebbero essere delle farneticazioni, delle idealità, delle illusioni. Sta di fatto, però, che la discussione circa l'estinzione del lavoro che si sviluppò in quegli anni risulta oggi essere estremamente attuale.

"Oggi dicono che questa erano illusioni. Illusioni. E quale valore sociale non lo è? Quale motivazione collettiva all'agire, all'essere, al riconoscersi non è definibile come illusione? Ci sono illusioni buone e cattive. Quelle dell'egualitarismo e della gratuità dell'esistenza erano certamente illusioni buone". (Dell'innocenza, 1977 : l'anno della premonizione, ombre corte, p. 34)


Il Foreign Office nel suo Report del 2014 diceva che il 45% delle professioni attualmente svolte dall'uomo potrebbero essere portate da subito portate avanti dalle macchine (secondo altre stime anche più del 50%). Questo dato di fatto dovrebbe necessariamente spingere i governi e le comunità ad interrogarsi sul futuro del lavoro e su come agire a livello legislativo per garantire a tutti dignità e sostentamento.

Fa molto male vedere come la società svizzera abbia reagito al referendum del 5 giugno. Il 75% della popolazione si è opposta in modo ideologico al referendum sul reddito minimo garantito, ritenendo che fosse a rischio la meritocrazia. La meritocrazia. E' mai esistita? Qualcuno se ne è mai veramente preoccupato?

Non mi rattrista tanto il risultato della votazione, quanto la qualità della discussione che l'ha preceduta.

I sistemi tecnologici sono sempre più evoluti, eppure i governi e sopratutto le comunità rifiutano di affrontare scientemente il dibattito.

Le ore di lavoro invece di diminuire, aumentano e diventano sempre più stressanti, alienanti. La riforma del lavoro francese è emblematica.

Anche in Italia si parla tanto di riforma. Questo lessema è una parola chiave del governo Renzi ed un elemento ricorrente nella sua narrazione. La riforma del lavoro (Jobs Act), la riforma della scuola (La Buona Scuola?), la nuova legge elettorale e, infine,  la riforma delle Costituzione. E' ormai chiaro che per Renzi l'importante è riformare, rottamare. Non importa "che cosa riformare, come farlo, chi deve farlo, per quale ragione, con quale progetto e per quale futuro", fa notare il costituzionalista Salvatore Settis sull'Espresso.

Se l'obiettivo del Governo è garantire ai cittadini un futuro più giusto e dignitoso, suggerirei di modificare l'ormai obsoleto articolo uno, così come aveva fatto "Zut": la Repubblica italiana è una repubblica fondata sulla fine del lavoro.

Il contributo che i giovani del '77 diedero al dibattito sulla fine del lavoro, già avviato da "Quaderni Rossi" e "Classe Operaia", negli anni '60, e poi da "Potere Operaio", merita di essere ripresi e ampliato, perché quel movimento non produsse solo slogan, ma si fece megafono di una premonizione. Forse ci si scontrerà nuovamente con il paradosso succitato, ma è necessario tornare a riflettere su questa questione, oggi più che mai.


Con calma, senza fretta, con lentezza, certo, ma bisogna farlo...

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